I linguaggi dell'arte contemporanea, hanno in questo millennio un compito gravoso: intermediarei il conflitto tra elementi comunicativi contrapposti, in nulla differenziano un artista visivo Russo e uno Ucraino, se non dalla prospettiva d'osservazione differente.
L'artista con il suo linguaggio, è da millenni uno strumento d'armonizzazione del caos, il compito che ha è quello d'armonizzare e rendere fruibile la complessità, lavorando per racchiudere l'universo nel "guscio di noce" del suo studio.
Multiprospetticità e la multimedialità linguistica sono conseguenza diretta di una relazione con lo sguardo dell'altro, che modifica in chiave individuale l'oggetto della sua osservazione, naturalmente arricchendolo di contenuto.
Proiettarsi attraverso l'osservazione, non è un'azione volontaria, ma è biologicamente naturale (altrimenti a cosa servirebbero i neuroni a specchio?).
Tendendo il ragionamento, possiamo affermare che la coscienza dell'osservatore, è la creatrice del sistema linguistico dell'arte, quello che permette di focalizzare la propria identità.
L'artista è il primo osservatore della fenomenologia del suo linguaggio, partendo dal suo sguardo determina mondi, incappando nella squalifica di chi non è capace di comprenderlo.
Chi non comprende l'artista è l'osservatore vittima dell'imposizione d'immagini sempre più algoritmiche e digitalizzate, servo di un conflitto contemporaneo (non dichiarato) tra arte e scienza: da un lato immagini digitali (cripto valute riproducibili digitalmente che determinano attraverso la matrice, interessi e contenuti privati), dall'altro processi artistici sensoriali da sempre dialettici e didattici per la nostra specie e la sua evoluzione, al momento pare stia vincendo l'analfabetismo artistico che nutre un'umanità globalizzata, sempre più digitalizzata.