LOBODILATTICE

//Focus on artist// Due murales di Francesco Zavattari colorano la scuola "Ascanio Grandi" di Lecce. L'intervista all'artista toscano protagonista di Intralecce 2022

L’arte contemporanea, in particolare l’arte urbana, concepita come strumento di condivisione e di coinvolgimento, sotto il segno dell’inclusione, costituisce il fulcro tematico di “Intralecce 2022”, progetto di riqualificazione urbana concepito da Francesco Zavattari (Lucca, 1983). L’artista toscano, che da sempre esplora differenti linguaggi artistici – dal disegno al design, dalle installazioni alla videoarte, dalla pittura alla fotografia e alla regia teatrale, dal 25 ottobre scorso sta ultimando i lavori negli spazi della scuola secondaria di primo grado ad indirizzo musicale, la “Ascanio Grandi” di Lecce, per la realizzazione di due  murales esterni, che saranno inaugurati e aperti al pubblico sabato 29 ottobre, alle ore 10.30. Il progetto è patrocinato dal Comune di Lecce, ed è realizzato in collaborazione con l’assessorato alla Cultura e l’assessorato alle Politiche Urbanistiche, oltre ai partner tecnici Cromology Italia, Settef e Matitanera Srl, lo studio di design di Zavattari. La cura di “Intralecce 2022” è affidata a Chiara Bevilacqua, tra le fondatrici del collettivo Kunstschau, che nel 2018 ha ospitato “Poliedro. Resta. Ora”, l’installazione ambientale dell’artista toscano, profondamente legato a Lecce fin dal 2013. Oltre alla mostra con Kunstschau Contemporary  Place, infatti, Zavattari ha in passato realizzato alcune masterclass all’Accademia di Belle Arti del capoluogo salentino, la mostra itinerante “Ubiqua” e la personale “Elevata Concezione”, all’ex Conservatorio Sant’Anna. Tuta da lavoro, occhiali da sole e tracce di pittura bianca anche sul viso, Francesco Zavattari dipinge il primo murales nel cortile dell’ “Ascanio Grandi” e, nonostante il solleone che scalda l’ottobre salentino, non appare per niente affaticato, anzi trasmette entusiasmo, dinamismo, fervore creativo. Per la rubrica “Focus on Artist”, Lobodilattice ha intervistato l’eclettico artista toscano per approfondire la conoscenza del suo articolato universo artistico.

Per quanto riguarda il soggetto che hai scelto di rappresentare nei murales, hai optato per un’immagine particolare, visto che stai intervenendo in una scuola ad indirizzo musicale?

Sicuramente sto inserendo elementi che facciano riferimento alla musica, come note o strumenti musicali, che andrò a immettere sempre di più andando avanti con il lavoro. Ma non vorrei creare qualcosa di troppo didascalico. Per esempio, la musica, a mio avviso, non corrisponde a “vedere” le note, ma a “sentire” le note. E ad immaginare un universo, un mondo di visioni. Mi piacerebbe suggerire ai ragazzi la mia idea di sinfonia: qualcosa che è piena di immagini, al di là dell’oggettività della nota o dello strumento musicale. Ripeto, non voglio essere didascalico. Quindi inserirò, nei due murales, elementi cari alla mia pittura, quella più infantile, come ad esempio gli astronauti: finora ho disegnato più volte tutto quello che vedi, e tutto sarà assemblato in modo site specific, ovviamente. Soprattutto la tavolozza che ho scelto è pensata specificatamente per questo luogo, che conoscevo già attraverso le foto, oltre che di persona. Così, quello che vedrai si interfaccerà meglio con il cielo e con il territorio circostante.

Hai già scelto come ti muoverai a livello cromatico?

Si. Quella che vedi è la base, le cromie principali che saranno utilizzate sono i colori della terra, quindi il beige, il bianco un po’ sporcato e il giallo, come elemento di luce, oltre a una specie di bistro che impiegherò per tutti gli elementi grafici. Poi, proprio alla fine dei lavori, applicherò dei tocchi di rosso: un bel rosso fegato che darà ai murales un elemento di profondità.

Quindi interverrai su entrambe le pareti esterne dell’edificio…        

Si, sulla parete che vedi, che si può scorgere anche dall’esterno, e su quella più bassa, da disegnare all’altezza dei ragazzi, che ho cercato di coinvolgere a livelli differenti.

Qual è la tua concezione dell’arte muralista, che come sappiamo nasce come arte di denuncia sociale, di critica socio-politica?

Esatto, il muralismo nasce con questo intento e successivamente si sviluppa in modi differenti. Nel mio caso il significato che attribuisco all’arte muralista è esattamente l’opposto rispetto a quello originario: attraverso la mia arte non intendo provocare ma coinvolgere. “Intralecce 2022”, infatti, è un lavoro a più mani, che coinvolge le istituzioni amministrative della città, le istituzioni scolastiche, Chiara come curatrice, il mio studio Matitanera s.r.l. come realizzatore e poi soprattutto Cromology che, attraverso il marchio Settef, è parte dell’iniziativa.  Poi, abbiamo anche un partner locale, una realtà che si chiama Palano srl e che ha collaborato con noi in termini di sviluppo tecnico. Come dicevo stamane ai ragazzi, infatti, tutto quello che qui sembra essere istintivo, in realtà è stato progettato da molto tempo. I miei murales, dunque, non rappresentano un “pugno in un occhio”, un simbolo di protesta sociale, ma costituiscono un’espressione artistica che mira a coinvolgere le persone: a portare bellezza laddove prima c’era un po’ di degrado, per via delle tante scritte che erano state fatte qui. La mia arte è proprio il contrario della provocazione, ma è foriera dei valori dell’inclusione e del coinvolgimento.  

A proposito della funzione intrinseca di questa tua opera che si rivolge a tutti i fruitori, ma in particolare ai ragazzi, qual è il messaggio che vuoi comunicare?

E’ l’ispirazione, sostanzialmente. Vorrei trasmettere ai ragazzi l’importanza di essere ispirati a dare e fare del loro meglio per poter condividere con gli altri. Perché è chiaro che per me personalmente è un grande onore firmare questo progetto, che però alla fine, nel momento stesso in cui lo sto realizzando, diventa di tutti.

Diventa un’opera corale..

Esatto. Diventa di Chiara che l’ha curato, diventa tuo che mi stai intervistando: è un progetto al quale partecipano tante persone, quindi per me la cosa interessante da suggerire ai ragazzi è che, anche quando ci si mette in gioco per creare qualcosa di bello con la propria firma, con il proprio nome, bisogna sempre e comunque collaborare con gli altri, rivolgersi agli altri, altrimenti l’opera diventa autoreferenziale. E’ quello che dicevo oggi agli studenti, che si dimostravano molto interessati a questo concetto.

Cosa ti dicevano gli studenti che assistevano ai tuoi lavori?

Erano qui tutti insieme e mi rivolgevano diverse domande. Ho detto loro che, a prescindere da cosa si sceglierà di fare nella vita, avere qualcuno vicino con cui confrontarsi è sempre importante, ma soprattutto è fondamentale il darsi agli altri. In questo senso vorrei che questa mia opera diventasse una fonte di ispirazione. Grazie al mio lavoro, infatti, riesco a venire qui da voi, a fare questo disegno su questa parete…Il suggerimento che ho dato agli studenti è quello di trovare la propria strada nello stesso modo in cui io ho trovato la mia, che mi da tanta soddisfazione.

Qual è la tua opinione sull’epoca attuale, caratterizzata dall’iperreale e dall’introduzione delle nuove tecnologie che hanno coinvolto anche l’arte?

Io per primo utilizzo ogni giorno tecnologie differenti: nella postproduzione dell’immagine, nella fotografia. Gran parte del mio lavoro si basa sull’aspetto digitale, però poi arriva un momento – come vedi - in cui è evidente che la materia continua ad essere la base più importante dell’opera. Tutto il lavoro che realizzo in ambito cromatico lo svolgo anche in digitale, ma lo concepisco pensando che, in seguito, si rivolgerà al pubblico attraverso qualcosa di fisico. E’ sempre molto importante, secondo me, “tenere il piede in due staffe”: questi due murales, per esempio, potranno essere visti, attraverso la tecnologia, da persone che vivono all’altro capo del mondo e che magari non potranno venire a Lecce di persona. Ma comunque la dimensione fisica assume ancora, a mio avviso, un valore molto importante.  

In un mondo in cui è necessario coltivare l’alterità, proprio perché si tende - attraverso le nuove tecnologie - ad isolarsi, tu invece esprimi un messaggio di coinvolgimento..

Assolutamente si: sono il primo ad usare Instagram, per esempio, ma lo faccio sempre con una logica che prevede il coinvolgimento degli altri, non solo il mostrare fine a se stesso. Il messaggio principale del mio lavoro è quello di coinvolgere, di creare qualcosa che vada agli altri e che non realizzi solo per te stesso, altrimenti ti metti in camera tua e stai lì.  

Per quanto riguarda il tuo percorso artistico, e parlando di ispirazione, tu come hai iniziato ad intraprendere questa strada?

Mi è stata chiesta la stessa cosa anche stamane da uno studente. Gli ho spiegato che ho cominciato ad avere l’esigenza di creare, prima ancora di pensare al mezzo da utilizzare. Fin da piccolino, sostanzialmente facevo le cose che – per fortuna - faccio anche adesso per lavoro: scattavo fotografie, giravo dei piccoli cortometraggi con la telecamera di mio padre, disegnavo, suonavo…facevo tutto quello che era nelle mie possibilità per esprimere la mia creatività.  Poi, pian piano, nel corso tempo, chiaramente ho cominciato a capire quali fossero le cose alle quali mi dedicavo, individuando quelle che potessero avere un buon incontro con il mercato, che è molto importante. Penso che sia fondamentale realizzare qualcosa di bello, ma questo deve essere recepito anche dall’ “altra parte”. Quando ho cominciato a capire che alcuni dei miei talenti rendevano bene in termini di coinvolgimento altrui, ho iniziato a spingere su quelli, ma sostanzialmente, per quanto mi riguarda, la vis creativa è innata.

Da quanti anni lavori come artista e a che punto sei del tuo percorso?

La mia prima personale ufficiale, in una galleria a livello professionistico, è stata nel 2002, quindi sono 20 anni esatti. Mi sembra di non aver fatto ancora niente, e a volte non riesco a godermi quello che faccio in tempo reale, perché penso a ciò che devo ancora creare. Sento di essere giunto a metà di un percorso che vorrei portare avanti nel corso della mia vita.

Tra i diversi linguaggi artistici che utilizzi ce n’è uno in particolare con il quale ti esprimi in maniera più completa?

Si, mi esprimo attraverso la fotografia, le installazioni, il design e il theory design, che è diventata un’estensione della mia arte e non solo in fase progettuale. Poi, chiaramente, c’è  la pittura, su grandi e piccoli formati. Il linguaggio che è alla base del mio percorso artistico è comunque il disegno. Prima di tutto, è questo il mezzo con il quale ho cominciato a lavorare in modo professionistico, ma ora, nel mio mondo artistico, tutti questi linguaggi si sono intrecciati tra loro: è il momento del massimo intreccio tra le discipline in cui uso cimentarmi. Anche la fotografia è molto importante per me, oltre al disegno e al design. Dunque non è facile risponderti: ripeto, è lo stimolo creativo che mi guida sempre. Poi, per fortuna, ho tanti tipi di commesse differenti da parte di clienti e collezionisti, quindi non ho neanche il tempo di pensare a cosa preferisco fare di più: mi piace fare tutto quello che faccio, grazie a Dio.

Qual è il tuo consiglio per i ragazzi che intendono intraprendere la via dell’arte, che sia la l’arte visiva, la musica o altro?

Il mio consiglio è quello di capire che quella dell’arte è una strada difficilissima, e richiede ancor più impegno rispetto ad un percorso tecnico lineare, che presenta delle tappe obbligate. Il percorso artistico, invece, prima di diventare professionistico presenta numerosissime insidie, tanti momenti di incertezza. Io, che da anni vivo della mia arte, sostanzialmente consiglio ai ragazzi nelle scuole di impegnarsi ai massimi livelli sempre, perché un conto è la passione di chi si avvicina all’arte per hobby, ma se si sceglie di lavorare con l’arte bisogna impegnarsi davvero tanto, senza considerarla come una passione bohèmien, ma come un vero e proprio lavoro.

Dunque si può vivere della propria arte se ci si impegna

Assolutamente si: ora ci sono diverse possibilità per vivere della propria arte. Non è più come una volta, quando l’artista vendeva semplicemente le opere e realizzava mostre. Ora ci sono tantissimi tipi di applicazioni, anche appunto in digitale. Ma non bisogna veicolare ai ragazzi l’idea di lavorare, ad esempio, come influencer, arrivando velocemente alla notorietà senza un background lavorativo e culturale. E’ meglio che i ragazzi pensino ad un percorso artistico/lavorativo da realizzare step by step, con grande impegno e serietà.

A tuo avviso, l’arte è rivoluzionaria?

L’arte può essere rivoluzionaria, e secondo me deve esserlo, e questo al di là degli aspetti pubblici, sociali. L’arte deve essere rivoluzionaria nel modo di raccontarsi, perché io sto realizzando qualcosa che viene fatto da millenni, quindi non sto inventando niente. Infatti secondo me non si inventa: si reinterpreta. E’ nel modo di reinterpretare che, secondo me, si può anche essere rivoluzionari. Nel mio piccolo, il mio modo di essere rivoluzionario spero e vorrei fosse quello di intrecciare ai massimi livelli l’aspetto imprenditoriale con l’aspetto artistico, in egual misura. Rompo un po’ il tabù in base al quale si può essere artisti solo se non si è anche imprenditori. Io, invece, sono un imprenditore della mia arte, perché più investo nella mia arte, più so che questa si può diffondere nel mondo. Ed è quello che mi piace di più pensare. Quindi, il mio modo di essere rivoluzionario, paradossalmente, è essere più conformato a determinate dinamiche rispetto a ciò che si potrebbe pensare: lavoro benissimo con aziende, con musei, e non mi piace fare l’ “artista ribelle”.

E’ un clichè anche quello..

E’ un clichè, infatti. Per me essere un “artista ribelle” è rispettare le deadline, ascoltare le esigenze dei clienti, senza imporre la mia visione. Dunque il mio modo di essere rivoluzionario è, paradossalmente, quello di seguire le regole.

 

www.zavattari.com

 

 

Note biografiche Francesco Zavattari

Francesco Zavattari nasce a Lucca nel 1983 e, fin dai primi anni dell’adolescenza di cimenta in varie forme espressive: è però il disegno a tracciare una profonda evoluzione nella sua attività artistica. Nel 2002, a soli 19 anni, dà vita alla serie “Conversazioni disegnate”, in cui ogni opera è realizzata in tempo reale durante, appunto, una “conversazione”. Sebbene questo debutto attiri grande attenzione di pubblico e di critica, negli anni successivi Francesco si dedica allo sviluppo della sua carriera di designer, creando nel 2008 Studio Matitanera, realtà impegnata negli ambiti del design, comunicazione e marketing, di cui è direttore, e che nel 2022 diviene Matitanera s.r.l. Nel 2012 ritorna all’attività artistica, stimolato e supportato dalla propria crescita professionale, dando il via ad una regolare serie di esposizioni. Nel corso delle sue attività, partendo dalla pittura, Zavattari passa anche a sperimentare la scultura, il design, la videoarte, la regia teatrale e la fotografia, che negli ultimi anni ha subito un notevole impulso. Da sottolineare la sua costante ricerca in ambito cromatico, iniziata nel 2014 attraverso lo studio di centinaia di opere d’arte di epoche differenti, accreditato presso i principali tre musei di Madrid: Prado, Reina Sofia e Thyssen Bornemisza. Tale lavoro è attualmente promosso attraverso “Color State of Mind”, progetto educativo che comprende masterclass e workshop che si rivolgono a varie scuole d’arte. L’interesse verso il colore lo porta, negli anni, a stringere un intenso rapporto con Cromology Italia, azienda leader nel settore verniciante, con la quale, tra le varie iniziative, dal 2019 concepisce “L’Emozione cromatica dell’anno”. Rilevante anche il progetto “My Art is Female”, avviato in Portogallo nel 2015: attraverso serie pittoriche e fotografiche, Zavattari promuove, con la propria arte, la parità dei diritti tra uomini e donne e la lotta contro ogni forma di violenza su di esse. In ambito fotografico, di particolare importanza il progetto internazionale “Timeless”, con il quale l’artista si prefigge di restituire al pubblico le atmosfere e la memoria di realtà museali molto particolari, attraverso scatti estremamente originali: iniziata a gennaio 2018 con lo Speelklok di Utrecht, la serie prosegue infatti con l’Hospital de Bonecas di Lisbona, il Cinema Museum di Londra e la Casa del Cinema di Roma, che ha ospitato una sua personale nel maggio scorso. Sempre per questa famosa realtà romana, l’artista ha progettato e realizzato il restyling dell’ingresso, visitato da centinaia di visitatori ogni giorno. Ad oggi, Zavattari ha all’attivo 20 serie ufficiali in 20 anni di attività, 40 esposizioni personali, due direzioni teatrali, 27 Paesi raggiunti in quattro continenti e oltre 500 pubblicazioni internazionali.