Sono un "Artista visivo": uno che ha deciso, per autodeterminazione, d'impelagarsi nell'arco della sua esistenza terrena, nella comprensione di quella ritualità quotidiana di segni e gesti "artistici" che oggi paiono (in un'accezione negativa) fuori dal tempo e/o inutili perdite di tempo.
Gesti e segni che sento indissolubilmente legati al mio, anzi al nostro, patrimonio biologico, tant'è vero che paiono stringare e "zippare" il tempo della storia dell'umanità, mutano nello stile linguistico e hanno tante varianti di stili quanti sono gli artisti che cercano legami tra le immagini archetipe e i contenuti del presente.
Il gesto nell'arte visiva è introversivo e regressivo, ma aperto alla visione dell'altro: quanta forza e coraggio serve per esercitarlo autodeterminandosi?
Eppure il gesto artistico originario è naturalmente capace d'adattarsi al tempo e al momento: siamo il nostro linguaggio fuori dal tempo!
L'immagine primordiale è la nostra contemporaneità, nella struttura archetipa dell'origine del linguaggio va ricercata la messa a fuoco cosciente del nostro presente.
Lo studio dell'artista visivo (non il luogo, ma lo spazio della mente), è reiterazione, cerimoniale quotidiano psico magico, qualcosa di sospeso tra il sacrificio e l'invocazione, culto e tributo quotidiano a quel linguaggio simbolico che ha consentito la nostra evoluzione e concettualizzazione.
Il linguaggio dell'arte, per chi lo pratica fuori dal tempo, dalle mode e dai momenti, è strumento di connessione tra ciò che si sa e ciò che non si dovrebbe o potrebbe sapere, questa tensione spiega perché è importante che la ricerca individuale come patrimonio comune, prosegua, non l'arginano difficoltà professionali e lavorative, delusioni e insuccessi, situazioni o drammi familiari:
regna l'istanza della messa a fuoco del proprio mistero, questo rende bestie divine, il riverberare emozioni primitive, veicolando gesti e segni patrimonio comune nel viaggio in un tempo che va oltre noi stessi.