Interpretare e valutare un testo letterario(o aspirante tale) è un atto, che richiede sia presunta oggettività che soggettività. Ogni giudizio critico è un impasto di oggettività e soggettività. La prima deriva dalla possibilità di adoprare gli strumenti e i metodi della critica letteraria. Però gli strumenti e i metodi possono essere tanti quanti le correnti della critica letteraria. Un critico può avere un approccio strutturalista o formalista. Può interpretare e valutare il testo in questione secondo i dettami della scuola psicoanalitica, della critica sociologica, della critica storicistica, della critica militante, etc etc. Comunque può valutare rifacendosi a dei canoni estetici e a dei criteri riguardanti stili e generi, che sono preesistenti all’opera in questione. Certamente ci possono essere dei fattori culturali, che determinano la valutazione di un’opera letteraria. M.Me de Stael riteneva ad esempio che questi fossero lo spirito dell’epoca e lo spirito nazionale. Inoltre anche la scelta di una corrente critica da parte di un letterato è un fatto soggettivo: sceglie cioè soggettivamente dei criteri e dei metodi, che presume oggettivi. Per un consulente editoriale e/o per un editore, che deve valutare i manoscritti inviati, la cosa si fa ancora più difficile e complessa, perché come si dice in gergo letterario deve “pensare il pubblico”: deve valutare se la pubblicazione di questa o quell’opera possa essere un affare e quindi deve pensare anche all’interesse che il libro può suscitare nella popolazione. E per valutare ciò deve affidarsi anche a dei fattori extra-letterari, pensando alla temperie culturale del momento oppure immaginando il pubblico come categoria sociologica. Esiste poi anche la soggettività, ovvero il gusto letterario personale del critico o dell’editore. E questo dipende dalla sua formazione culturale, dalla sua personalità, dalla sua mentalità, dalla sua vita personale. Quindi è vero che esistono dei canoni estetici(ad esempio per gli antichi erano l’armonia, l’ordine, la proporzione, l’organicità), ma è anche vero che- come ci insegna l’estetica della ricezione- il critico letterario, primo mediatore verso il pubblico, è anch’egli un fruitore e qualsiasi fruizione è sempre un atto personale. Sembrerà paradossale ma il critico letterario deve decidere tramite un atto soggettivo il carattere extrasoggettivo di un’opera. Non solo ma nel’900 la letteratura e l’arte hanno dissolto molti canoni estetici. E’ forse rimasta la forma dopo che Duchamp ha dimostrato che oggigiorno un’opera d’arte per essere considerata tale debba trovarsi soltanto in un luogo adibito all’arte come una galleria ? Non ha forse Duchamp dimostrato che se una scolabottiglie o un sellino di bicicletta possono essere considerati arte(una volta che sono esposti in una galleria) tutto allora può diventare arte ? Che cosa resta oggi se non la kunstvollen, ovvero la volontà d'arte ? Probabilmente è per questi motivi che ci sono grandi autori, che vengono riconosciuti come tali solo dai posteri. Spesso si sostiene che alcuni di questi siano stati dei precursori, che abbiano cioè anticipato i tempi. Forse è per questi motivi che se comprate l’opera omnia di un grande scrittore spesso trovate una sezione in fondo, che si intitola “fortuna critica”. Il giudizio di un testo letterario(o aspirante tale) quindi, nonostante la competenza e le conoscenze dei critici, è qualcosa che appartiene all’ambito dell’opinabile. Basta leggere ad esempio i giudizi critici su un capolavoro come “L’Ulisse” di Joyce per capire quanto i pareri di grandi scrittori, critici e letterati possano essere discordanti riguardo ad un’opera letteraria oggi considerata di immenso valore. Diciamo piuttosto che il giudizio critico aspira all’oggettività o quanto meno all’obiettività. Inoltre nella letteratura moderna non contano soltanto “cosa si scrive” né “come lo si scrive”, ma anche “perché lo si scrive”. Gli aspiranti poeti e gli aspiranti scrittori, a causa della maggiore scolarizzazione, sono molti di più rispetto ad un tempo. Quindi il compito si fa ancora più complesso, perché i critici e le redazioni delle case editrici non possono più essere a conoscenza delle poetiche e delle visioni del mondo(quando esistono) dei potenziali autori.