Il linguaggio dei simboli è analogico.
Analogie di significato si connettono con uno stesso simbolo.
Quello che spesso si dimentica, quando si ragiona per immagini, e che spesso dimenticano gli addetti ai lavori della comunicazione d'ultima generazione, è che la forza creativa, che alimenta di significato le immagini, non ha soltanto un valore collettivo, ma anche individuale.
Chiaramente, quando si determina, rappresenta o costruisce un valore simbolico collettivo, serve necessariamente demonizzare chi non si riconosce nel simbolo (imposto o autodeterminato che sia).
Faccio un esempio pratico legato alla politica, ma soltanto per capirci, io come artista, posso non riconoscermi nelle politiche programmatiche artistico culturali del Partito di maggioranza in Regione o nel Comune dove domicilio: la mia visione critica verso questo brand politico porta a fare si che possa venire demonizzato, questo perché critico un valore simbolico, ma la mia critica, come la mia eventuale demonizzazione, attribuisce valore simbolico (nel bene o nel male a seconda del posizionamento prospettico) a entrambi.
Il simbolo ha sempre due chiave di letture, una positiva e una negativa, a seconda della chiave di lettura prospettica (collettiva o individuale).
La verità simbolica in questo post millennio, ha una relazione diretta con la scienza, la scienza attraverso follower, algoritmi, exit pool, big data e statistiche varie, sembra validare dei simboli rispetto ad altri.
Rispetto al millennio passato, il simbolo non si nutre più di fede, la fede la si coltiva con la controprova algoritmica, statistica e scientifica: una verità basata sull'individuo (osservazione, riflessione ed espressione, sono fasi di studio che accomunano l'arte alla scienza).
Come si forma e come si muove nel tempo un simbolo?
Attraverso processi percettivi istintivi: è l'istinto a mettere un simbolo in movimento, il simbolo perde di significato quando non ha davanti sé una resistenza, è lo stesso simbolo a formalizzare la critica dialettica (istinti disordinati contro un simbolo portano alla rovina).
Quando un simbolo s'impone senza resistenza, è perché si rivolge direttamente ai disadattati, le sue promesse sono disancorate dalla realtà, e si veicolano perché prive della resistenza di senso critico e idee.
Il simbolo non è un pericolo, così come non è pericoloso chi sia nei suoi confronti eretico o incredulo (artisti e scienziati dovrebbero coltivare sempre il dubbio), il pericolo è nello sciame dei non pensanti, quelli che quando scoprono l'ipocrisia del simbolo dalle false promesse, negano tutti i valori simbolici (quando si determina l'astensionismo di massa elettorale, il motivo è proprio questo, nel boomerang del populismo che nega il simbolo senza saperlo criticare).
Non porre in discussione i simboli porta a regredire e a negare la bellezza.
La fede nel singolo deve sapere essere individualmente "legittima", altrimenti può essere meccanica, regressiva, infantile e distante dal fatto simbolico: questo è un problema del contemporaneo, le immagini paiono vivere senza contenuto, per questo l'artista deve sapere decifrare la fede dell'altro e verso le idee dominati, ma deve saperle decostruire, per elaborare una grammatica simbolica che tenda a rappresentare tutta la complessità dell'umanità.