Il sogno d'artista non è pratico!
L'artista è un simbolo, è un simbolo perché il suo linguaggio è tensione originaria d'un'anima collettiva integrata, il linguaggio artistico è qualcosa di biologicamente vivo in ciascuno di noi, che s'estende e s'espande (se si tratta d'arte e non di fenomenologia di mode contemporanee determinate da trend e mercati eterodiretti) non solo in vita, ma anche oltre la nostra obsolescenza programmata.
Si trasforma il linguaggio dell'arte in relazione col tempo, eppure fuori dal tempo sa essere sempre contemporaneo, non è semplice e neanche comodo ricercarne e determinarne l'essenza originaria, oggi più che mai, perché pare che l'umano stia perdendo la capacità d'immaginare, l'artista contemporaneo (che si presenta come un professionista di settore), pare abbia smarrito i significati del mito, del simbolo, dell'archetipo e della poesia, insomma le strade da percorrere che da sempre animano la mappatura della sua profondità, questo avviene perché non determina meraviglia e questo impoverisce anche la sua immaginazione.
Senza il valore simbolico sociale, da restituire all'artista (che dovrebbe sapere pretendere in relazione alla consapevolezza del fatto che non è semplicemente un professionista di settore), come si può perdere la razionalità?
Come si può palesare quell'espressione creativa che tutti cercano?
Impasticcandosi a un rave party e danzano per giorni come se non ci fosse un domani?
Senza la guida simbolica degli artisti (e attraverso i media di massa, non ne ho mai sentito parlare uno delle cose che dovrebbero riguardare il senso della nostra esperienza comune sul pianeta), come assaporare e godere il possibile?
Trovo criminale chi sostiene che gli artisti non debbano sognare a occhi aperti ed essere pratici, proprio nel nome della sua specificità e trasversalità, l'artista è lo strumento che ci consente d'evadere dalla routine, ascoltarlo e fermarsi con lui non è mai una perdita di tempo, è nutrimento del tempo.