Una narrazione visiva che si muove tra riflessi e ferite, scandisce l’indagine di Ruins and Reflexes,di Alberto Fiorin e Anna Dormio a cura di Maria Grazia de Giorgi, settima bipersonale presso Kunstschau contemporary Place, aperta il 4 dicembre scorso, a Lecce, .
Una composizione dicotomica, che scandaglia le possibilità di tangibile e metafisico, portando due percorsi e due cifre stilistiche differenti, apparentemente incomunicanti tra loro, su un piano di congiunzione e costruzione dialogica.
Lineare e netta,la formulazione d'insieme dei due artisti, si modula equilibrata e in accordo,scevra di aggiunte cromatiche al di fuori del bianco, del nero e degli sprazzi di cielo perimetrati, restituendo, infine, una cifra stilistica potente e un impianto unitario formulato e sorretto dai concetti di materiale ed immateriale.
Il macrocosmo di Ruins and Reflexes, declina e spalanca i suoi crateri d'indagine tra fotografia e bidimensionalità, scultura e tridimensionalità; sprofonda in microcosmi molteplici e fratti, scissi e replicati, come le sue ferite, per poi risalire la sua circolarità, lungo direttrici di intuizioni più universali.
Due le opere scultoree di A. Fiorin, nella completezza esatta di una rappresentazione antinomica; un ellissoide di gesso, compiuto e concreto, ispirato da un ideale di finitezza e perfezione, e un cratere concavo che ha conosciuto tagli e combustione. Materia fisica e ontologia, due elementi di opposte polarità, congiunti però da un'ascesa ad un caos primordiale, dove generativo e agglutinante sono in simbiosi.
L'attraversamento della materia, oltre il materico, al culmine del suo tentaivo umano di esprimersi si realizza nello sconfinamento nei cieli fotografati, nelle atmosfere pentrate dallo sparo di A. Dormio. Sho(o)ting Sky, il nome della serie fotografica, che raduna una serie di istantanee allineate, recanti sprazzi di cielo, ora nuvolosi, ora tersi, ora oscuri.
In parallelo tra semiotica e antropologia, necessità priva di ratio, si rende vivo ed eclatante il paradosso tra tangibile e ineffabile, sfociando in una drammaturgia umana che porta a sparare sulle fotografie, perimetrazioni di atmosfere, in un'azione insensata ed impossibile.
Tra astrazione di ideali formali, e l’aspirazione distruttiva e concreta protesa verso il cielo, inesplicabile e infinito, le due componenti si aprono e si chiudono, in un instancabile ed inarrestabile meccanismo cognitivo, tra universale e particolare, lasciando spazio al riflesso di ciò che rimane o ciò che resiste e genera ulteriori sprofondamenti nella materia.
Una metacontestualizzazione, quella allestita all’interno della whitebox salentina, che non richiede l’ardire di interpretazioni, ma lo scorcio sensibile e cognitivo, di un racconto umano, che tracima un suo intervento, ora tra suggestioni sparse nell’aere, luminoso o acceato dalla violenza fine a se stessa, ora tra il senso di finalismo e compiutezza della genesi, bianca e fredda come il gesso, ma anche nera e oscura come l'incognita irrazionale tra materia ed immanenza.
Lara Gigante
La mostra sarà visitabile sino al 31 dicembre 2018 su appuntamento
Kunstschau_Contemporary place
Via G. Toma 72, Lecce
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