Antonio Gregorio Maria Nuccio - Mythos
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Antonio Gregorio Maria Nuccio - Mythos
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Modena, la città del genio wiligelmico accoglie già tempo sia l’artista palermitano che la sua ricerca pittorica, e il risultato è brillante ed evidente. Provocatorio, a tratti dissacrante, incuriosito dalla linea sottile che divide il mito dal possibile, le opere recenti che Nuccio presenta in mostra alla Ranarossa descrivono tutte singolarmente la cifra decorativista maturata e raggiunta negli di studi condotti presso l’Accademia palermitana, risuonando coralmente come unica narrazione avvolgente ed empatica. 9 tele di vario formato e una dozzina di carte in cui l’artista gioca costantemente con il nostro immaginario specchiato, ammiccando al repertorio di personaggi nucciani e a quelle movenze divenute ormai da tempo la sua vera cifra stilistica in termini di “firma” pittorica autografa. Una sicilianità assai evidente pervade le opere in mostra nel tratto morfologico dei ricami e dei decori degli abiti che uniti al ricordo delle texture maiolicate delle residenze nobiliari del palermitano, fanno aleggiare le atmosfere del Gattopardo malgrado non si parli del Principe di Salina. Ed ecco comparire una Annunciazione luminosa quanto misurata per gestualità, compostezza ed equilibrio tra masse cromatiche e rigoglioso paesaggio di sfondo, una sedicente “Giuditta” contemporanea che offre il trofeo appena conquistato, una lasciva Europa rapita da un allegorico, disinteressato e volitivo toro rosso, mentre la scena si carica di tragicità per l’anima di Giuda portata via da lucifero in persona davanti a un pubblico di ignudi festanti e animali a metà tra l’invenzione e il fantastico in cui grande cura è messa dall’autore nel verdeggiante bosco divenuto scena al macabro destino del più grande traditore della cristianità. Di tutt’altro tenore le nudità del San Sebastiano privo di alcuna traccia di dolore quasi in attesa del trapasso bramato e quelle della rubiconda “Curvy” Gina in nera lingerie di pizzo siculo, pesantemente ingioiellata davanti quel che potrebbe essere l’allegoria della “lussuria immaginata” qui rappresentata dal leopardo ammiccante e sdraiato tra le di lei cosce marcate da uno splendido fondale che l’autore trasforma in divano neo-floreale, mentre per Athena sceglie un profilo a metà ingentilito da un ricamo quasi in accordo alle geometrie della volta celeste per tornare ad una simmetria profondamente allegorica per la sirena su fondo oscuro. Ma se le opere su tela non tradiscono le aspettative riguardanti l’evoluzione continua subita dalla costante ricerca nucciana, basti pensare all’equilibrio tonale degli sfumati o all’incidenza sempre maggiore di calibrati scorci prospettici nella narrazione delle composizioni tutte, è nelle carte che l’artista palermitano si concede il gusto per il gioco a cui conferire il lirismo tipico di evocazioni maggiormente hard tracciando un legame sottile con gli ultimi anni di ricerca concentrata nemmeno velatamente sulle diffuse nevrosi post-pandemiche. Una mostra allora da toccare con gli occhi carichi di attenzione per il dettaglio e da divorare nella complicità narrativa che l’artista ha voluto condividere con la città che accogliendolo ne ha nutrito, favorito e alimentato la poetica figurativa tutta italiana, e ben radicata nella tradizione pittorica d’avanguardia. Ed ecco che di questa ennesima evoluzione linguistica dell’artista che ha affrescato una delle nuove fermate metropolitane del capoluogo siciliano, i collezionisti ne saranno compiaciuti, mentre chi non conosce ancora le opere di Nuccio, troverà fascino per i suoi occhi. A tutti noi allora, buona bellezza!
Danilo Maniscalco
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