Fugit Tempus
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Fugit Tempus
Comunicato
Figure classiche, monumentali, l’eterna epica dei miti greco-romani impressa sulla impermanenza di una foglia, sono l’elemento identificativo dei lavori di Gianluca COPPETO. Fotografo, sperimentatore di linguaggi visivi, allievo del Centro Sperimentale di Fotografia CSF Adams e dell’artista Gaetano Grecchio, espone nella galleria Triphe’ dal 14 dicembre al 2 febbraio, con la mostra “Fugit tempus”, espressione della ricerca artistica di un raffinato equilibrio tra immagini e materia. Il progetto esprime la profonda contraddizione tra il tempo infinito, stigmatizzato in immagini sacre e monumentali e il tempo finito, espresso nella sua frugalitá dalla caducità delle foglie. E’ una indagine della nostra contemporaneità che ci illude di essere Dei, eterni, ubiqui, pixel levigati e senza errori. Come icone , i nostri volti, diventati profili digitali, sempre uguali, sempre giovani, ci avvicinano a una idea divina, siamo diventati le contemporanee icone religiose. L’artista vuole indagare questa contraddizione. Le opere sono un specchio del divino, del mito antico sulla fragilità di una foglia. Ci parla della nostra finitezza, dei nostri tentativi di superarla, ma la nostra umanità divina è tale perché è fragile. É indubbio che molteplici siano le possibili letture di questo enigmatico rapporto tra tempo finito e tempo infinito. Particolarmente interessante e condivisibile, al riguardo, la sintesi di Massimo Raveri , esperto di cultura giapponese: “gli opposti sono funzionali l’ uno all’ altro in un processo dinamico che è il respiro dell’ universo” e ancora “attraverso i paradossi si può vivere la realtà come unione di due opposti fino all’ accettazione della vita come paradosso. Il paradosso sperimenta il vuoto, l’infinito. Il paradosso va vissuto.” È proprio con questa chiave di lettura che l’artista guarda all’arte da intendersi come forma dell’ infinito che si scontra necessariamente con il dramma della finitezza. Tutto questo con un obiettivo : saper cogliere la connessione imprescindibile tra materia e spirito, tra ciò che è umano e ciò che è cosmico. Un modo di intendere e fare arte questo che, svincolato da barriere preconcette, porterà necessariamente, come sostiene l’artista, anche ad una collocazione delle opere d’arte in spazi sempre più “diffusi”. L’opera d’arte deve acquisire maggiore ”dinamicità“. E per fare questo deve essere sganciata da una dimensione legata alla pura conservazione e contemplazione. Come sostiene Laura Cionci: “l’artista è un veicolo che rende visibile l’ immaginario collettivo”.
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