PERMANENZA - ogni cosa è impermanente
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PERMANENZA - ogni cosa è impermanente
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24 ore di mostra, quanto durano le storie di Instagram e gli stati di WhatsApp. Dura solo 24 ore la mostra "PERMANENZA - ogni cosa è impermanente" allestita presso l'iKonica Gallery di Milano dal 3 al 4 novembre 2023. La mostra, a cura di Erika Lacava, raccoglie le riflessioni di 24 artisti intorno al tema dell’impermanenza, toccando sia temi universali ed esistenziali, come l’inevitabile memento mori, sia tematiche di forte attualità come l'emergenza climatica, la fragilità psicologica ed emotiva, le relazioni sociali.
Gli artisti in mostra hanno posto l’accento ora sull’aspetto dell’impermanenza, ora su quello, ad essa connesso e necessario alla sua definizione, della permanenza, muovendosi sul confine labile tra i due stati dell’essere e mostrandone il continuo cambiamento. Diversi i media presenti in mostra, dalla video arte alla fiber art, dall’installazione alla performance, ma non mancano anche pittura e scultura.
Si passa da metafore materiche del trascorrere del tempo, come lo scioglimento fisico dell'opera di Andrea Cereda e dei cubetti di ghiaccio presenti nei lavori foto e video di Paola Calcatelli, alle implicazioni che legano la costruzione della personalità alla permanenza della memoria, e alla sua dissoluzione con il progredire della malattia, prima tra tutte l’Alzheimer. Al tema della dispersione dell’identità sono connesse anche le scatole della memoria di Paola Rizzi, mentre alla fuggevolezza persino del presente che si riscontra in gravi stati di autismo è rivolta l’indagine di Antonella De Sarno. All’attaccamento ai rituali del quotidiano nel disturbo ossessivo compulsivo dedica la sua opera video Matteo Suffritti, mentre a un simile tentativo di ipercontrollo e soppressione dell’imprevisto sfuggono, come tentacoli, i fili di Michela Cavagna.
La memoria si fa cruda testimonianza politica e sociale nelle cartoline di Rossana Maggi; si fa pesante, fino a trasformare sottili veli in macigni, nell’opera di Luce Resinanti mentre diviene colma di nostalgia nella permanenza degli oggetti assemblati nell’installazione di Loredana Galante. Si fa solida e indissolubile la presenza del legame sociale nel nodo in tessuto di Benedetta Fratus e nei rammendi di foto-ricordo di Oriella Montin, che creano nuove possibilità di vita a un passato che sembrava terminato. Cerca di uscire dalle gabbie di genere il lavoro di Marisa Iotti con una rottura fisica dello spazio della tela, allo stesso modo delle lacerazioni nel tessuto di Maria Cristina Tebaldi, da cui emergono nuovi istanti di vita.
La fragilità delle esistenze e degli accadimenti ad esse connesse viene rappresentata da Grazia Gabbini nelle pagine accartocciate e parzialmente dispiegate e dall’azione irreversibile su una scultura in terracotta della coppia performativa Giulietta Gheller – Alice Toccacieli. L’impermanenza si fa tangibile nei riflessi mutevoli dei tondi di Clara Luiselli, che contengono parole non ancora pronunciate, e nel moto fluido e incessante dell’acqua richiamato dalla scultura in carta di Simonetta Testa. Dal punto di vista ambientale, le visioni paesaggistiche delle sculture di Mauro Pinotti, accompagnate dalle tele di Fabio Presti, ci proiettano in un distopico futuro post-umano, quasi come diretta conseguenza dell’installazione di Jorgelina Alessandrelli che sottolinea con la sua mole l’urgenza di misure contro il cambiamento climatico.
L’importanza del messaggio veicolato dai social, la velocità di fruizione e la conseguente traccia che questo lascia nelle esperienze quotidiane è portata all’attenzione del visitatore nella performance di apertura mostra di Fabio Presti come elemento di interferenza nella lettura delle sue opere. Seguono gli interventi di Federico Poli, che attraverso la cancellazione del supporto fotografico cercherà freneticamente di dare un’altra vita a immagini diversamente destinate a scomparire, e di Daniele Ismaele Cabri che porterà a compimento l’installazione presente in mostra con gestualità rituali e feconde di nuova vita.
Sabato 4 novembre, alle 19.00, la performance di Andrea Zimmer chiuderà la 24 ore di mostra giocando sul concetto instabile di permanenza dell’impermanenza.
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