#OpenMuseum #OpenAcademy #Empatia #Entropia
Zona: non codificata.
Luogo: non codificato.
Data e durata d'esposizione: non pervenuta.
Indicazioni: ci si arriva per sincronicità.
L'universo dei linguaggi dell'arte non ha geolocalizzazione è territorio della coscienza e della conoscenza comune tra entropia e empatia.
Dovunque e comunque a sostegno dell'arte e degli artisti residenti, egualmente internazionali in ogni dove, i linguaggi dell'arte nascono interconnessi e globalizzati, sono il nostro unico genetico social network.
-Nessun luogo fisico al chiuso.
- Nessuna narrazione storica o linguistica dell'arte imposta.
- Nessuna amministrazione di processi di condivisione linguistica dell'arte che non sia connettiva e autodeterminata.
- Nessun biglietto da vidimare.
- Nessun supergreenpass da mostrare.
- Distanziamento sociale e ricambio d’aria garantito.
- Nessun investimento privato da tutelare o imporre.
- Più ci si avvicina al linguaggio artistico, meglio lo si comprende e lo si prende.
- Nessun allarme se si avvicina troppo al lavoro.
- Nessuna fila per entrare al Museo, sei fuori dal Museo e dentro i processi e i linguaggi dell'arte.
- Lavoro liberamente prelevabile al prezzo di un selfie da inviare all’autore che riveli l’identità di chi ama processi e progetti artistici contemporanei.
- L'Open Museum non ha una sede localizzabile, per impedire a sciacalli, predatori e speculatori (come lo stesso Open Musem sta dimostrando) di capitalizzare e non condividere il linguaggio dell'arte in un'ottica d'interesse privato e non affettivo simbolico: l'arte è linguaggio soltanto quando si traduce in processo condiviso, non quando la si depreda e sottrae allo sguardo dell'altro impossibilitato a trovarla all'occorrenza.
- L'Open Museum ha uno snodo di rete dal quale si traduce in Museo espanso e diffuso, la sua espansione siete voi.
P.S. Non sono graditi perditempo che prelevano i lavori con uno spirito d'arricchimento e investimento privato, i linguaggi dell'arte sono condivisione, partecipazione, coscienza e conoscenza collettiva, prenderne il possesso con lo spirito di sottrarli agli altri è peccaminoso e offende nel profondo lavoro e ricerca artistica.
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La cosa triste della questione?
Gli approfittatori, chi tende a trarne bulimico godimento personale, chi attende che mi allontani, una volta collocato il lavoro.
Se esiste un lavoro dell'artista è sfuggire a chi vuole privatizzarlo, i linguaggi dell'arte non sono proprietà privata neanche degli artisti che li determinano, hanno mandato soltanto per amministrarli e condividerli finché in vita.
In ogni luogo, dovunque e comunque, il lavoro di un artista va prima che utilizzato riconosciuto, riconoscerlo vuole dire legittimarlo e preservarlo, l’economia e il portafoglio di un artista sono proporzionali al valore simbolico, affettivo e culturale che si dà al suo lavoro.
Non è una questione di soldi: non ritirate i lavori se vostra intenzione è impoverire l’artista, non vi arricchirete.