La coscienza artistica è anticonvenzionale!
La nostra civiltà contemporanea, in termini di consapevolezza, non va oltre il nutrimento dello spirito dell'artista, spirito plasmato e determinato dalla semiotica come scienza, dall'economia come trend di mercato, dalla politica in quanto intermediaria, al diritto nei termini del lecito, per non parlare poi delle logiche e delle dinamiche del consenso sociale che passano per i media integrati e i social network.
Quello che manca agli artisti contemporanei è l'autocoscienza, un senso d'irrisolto che accompagna tutto il processo d'autodeterminazione e indipendenza, per il quale nulla appare deciso nel linguaggio e nella ricerca di un artista.
Una limitazione d'orizzonti operativi che pare un dato cupo, oscuro e angoscioso, se pensiamo all'artista come operatore culturale e coscienziale.
L'artista è (oggi come non mai nel suo percorso storico) limitato culturalmente, quando pecca e si muove fuori schema, viene letto come un cattivo artista, un non professionista, eppure il suo lavoro dovrebbe essere proprio quello d'attentare i limiti per ampliarli.
Praticare lo stesso linguaggio dell'arte, ci porta però a comprendere, che in un'altra epoca, un mondo storico diverso dal nostro, era fondato sulla magia dell'esplorazione del gesto artistico, è il gesto magico e sacrale dell'arte quello che ha dato fuoco alla nostra individualità.
Se penso a cosa sarà sempre contemporaneo nell'arte, penso alla magia del gesto artistico relazionale, sarà strutturalmente sempre anti convenzionale e non Accademico (con l'estetica del digitale imperante lo sarà come non mai), e nel suo potenziale a oggi, non è stato ancora biologicamente studiato sul serio, anzi è spesso demonizzato in quanto tale, eppure è solo nel gesto magico dell'artista, che c'è la conquista e il consolidamento dell'essere elementare come presenza personale!