A Space for Thought
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A Space for Thought
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Brand New Gallery è lieta di presentare “A space for thought”, una mostra collettiva con quattordici artiste incentrata sulle differenti modalità di espressione della pittura contemporanea. La mostra vuole indagare e proporre differenti linguaggi, figurativi e astratti, dando piena libertà alle artiste selezionate. “A space for thought” è un invito a riflettere sulle potenzialità della pittura nei nostri giorni.
Marina Adams (1960, Orange, NJ) crea forme ondulate e geometriche che rivelano un potente ritmo interno dietro alla loro superficiale semplicità. Le sue composizioni richiamano le opere di Henri Matisse, Willem de Kooning e Joan Mitchell, ma anche i disegni dei tappeti marocchini e le texture decorative dell’Alhambra. A differenza di molti artisti contemporanei, che deliberatamente lavorano tra figurativo e astratto, Adams con i suoi lavori completamente astratti sperimenta totalmente attraverso l’uso di colori e forme differenti.
Il lavoro di Mequitta Ahuja (1976, Grand Rapids, MI) si caratterizza per una ricerca intimistica e autobiografica, legata alle sue origini, e a immagini tratte dalla cultura africana e asiatica. L’intricato processo produttivo di Ahuja inizia con fotografie di sé durante le sue performance che utilizza poi come ispirazione per i suoi dipinti. Completa le sue opere, che vedono lei stessa come protagonista spesso reiterata più volte, con segni, pattern, e decorazioni.
Firelei Báez (1981, Santiago de los Caballeros, DO) prende ispirazione dalla natura per i suoi lavori, soprattutto dai vivaci paesaggi dei Caraibi, dalla flora e dalla fauna locale. I suoi dipinti sono una perfetta miscela tra astrazione e figurazione in cui le forme femminili appaiono magicamente dalle trame astratte e colorate.
Kristin Baker (1975, Stamford, CT) presenta due opere cariche di dinamicità e energia. In Subaqueos lo spettatore si trova sotto il livello dell’acqua mentre guarda in alto verso la superficie. Il sole e i raggi di luce, catturati dall’acqua, sono entrambi al di sopra e creano così uno spazio più mentale che fisico. Joyride rappresenta una corsa in autostrada; forme e gesti sono concentrati sulla rappresentazione dell’attimo che sfugge, la strada e le luci, mentre i passeggeri restano seduti a fissare il paesaggio.
Ellen Berkenblit (1958, Paterson, NJ) presenta i suoi lavori in “calicò”, un tessuto di cotone che le permette di ottenere una pittura unica e vibrante. L’artista cuce insieme differenti strisce di stoffa in trame rettilinee, così da creare una nuova base, su cui interviene liberamente con il suo gesto calligrafico. Il risultato finale non è controllato e previsto, l’azione è libera e spontanea.
La performance pittorica di Amy Feldman (1981, New Windsor, NY) è intimistica: le sue grandi tele grigie sono infatti l’espressione diretta del suo gesto. L’artista termina i suoi lavori in un’unica sessione, senza altri ripensamenti, compiendo grandi gesti energici per completare le sue insolite forme che fanno riferimento tanto al corpo femminile quanto all’universo e alle sue leggi.
Suzanne McClelland (1959, Jacksonville, FL) incentra la sua attività sulla ricerca di soggetti selezionati tra gli attori e i rapper più pagati al mondo. Le sue opere indagano il divario tra soggetto e significato; in questo caso tra le misure corporee e il reddito di uomini ricchi e famosi. L’artista enfatizza la disparità tra i numeri e quello che effettivamente queste persone rappresentano, mettendo così in discussione le modalità d’attribuzione del valore delle persone nella società contemporanea.
Le opere di Joanna Pousette-Dart (1947, New York, NY) prendono ispirazione dai paesaggi del sud-ovest americano, dove ha vissuto e lavorato. L’accostamento bilanciato di più pannelli sagomati diventa il mezzo per poter accentuare lo spazio rappresentato, descrivendo differenti situazioni di luce e forme che si creano al suo interno.
Jackie Saccoccio (1963, Providence, RI) continua la sua famosa serie di ritratti con questi nuovi dipinti realizzati durante la sua ultima residenza a Civitella Ranieri, Umbertide. Portrait (Sparita) si concentra sull’assenza mentre Portrait (Turner) e Portrait (La Muta) riflettono sulla fragilità umana ricollegandosi alla metafora della nave di Herman Melville, a Turner e al celebre dipinto di Raffaello.
Betty Tompkins (1945, Washington D.C.), affermata artista femminista, è conosciuta soprattutto per le sue rappresentazioni esplicite del corpo femminile legate alla sessualità. L’artista crea dipinti spiccatamente realistici partendo da immagini trovate su riviste pornografiche. Attraverso il suo lavoro, legato ad argomenti taboo, Tompkins rilegge la sessualità ridando una posizione centrale al corpo della donna.
Anne Vieux (1985, Michigan, NY) esplora gli effetti della luce e della materia attraverso le sue pitture astratte. Il suo processo prevede la scansione di carta olografica che altera attraverso l’utilizzo forzato di ingrandimenti, ripetizioni e deformazioni. Le immagini manipolate vengono successivamente stampate su tessuto sintetico su cui interviene con vernice acrilica aerografata e gel opachi.
Con Never Ending Story e The Getaway Robin F. Williams (1984, Columbus, OH) continua a sviluppare il suo interesse verso la sessualità e l’identità della donna oggi. Le sue opere sono realizzate con differenti tecniche pittoriche esplorando le differenti sfaccettature del desiderio e le tensioni interne dei suoi personaggi: quello che sentono veramente, quello che credono di sentire e quello che viene loro raccontato.
Margo Wolowiec (1985, Detroit, MI) indaga le tendenze del web e del mondo virtuale, in particolare quelle dei social media, visti come sistemi conflittuali che intrecciano la sfera privata con quella pubblica e il mondo commerciale.Per i suoi pannelli con lana intrecciata a mano utilizza immagini prelevate dal web tramite ricerche che sfruttano hashtags scelti tra quelli più popolari.
Anche Allison Zuckerman (1990, Harrisburg, PA) prende ispirazione per le sue opere dai social media, come per esempio Instagram. Il suo lavoro inizia con un dipinto, un autoritratto. Una volta terminato, lo fotografa e lo scannerizza a computer per poi combinarlo con immagini tratte dalla storia dell’arte ma anche dalla cultura pop. Il suo lavoro assume una posizione irriverente nei confronti della storia dell’arte, dominata dal sesso maschile. Zuckerman apprezza e cita l’opera di Picasso, Tiziano, Rubens e Matisse, senza paura di prendersi gioco di loro.
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