disambigua artspace
Uno spazio che si muove. Un dispositivo che segue urgenze e si inserisce in tessuti che eludono la coerenza, tra zone sospese e paesaggi praticabili. Si alimenta di relazioni come appunti da incastonare in un terreno diafano, edificando al sentore dell’anomalia. Disambigua non avanza cliché. Rileva e registra allineamenti di natura aleatoria, costituendosi come elemento legante di format che superano il concetto di forma intesa come principio determinato. Si rigenera pensando a ciò che sfugge. Transito di passeggeri con accesso verticale per una danza in differita di condotti preposti al respiro.
Post ID | Viterbo
La natura virtuale di disambigua si rinnova nello spazio fisico, pensato come elemento addizionale e corpus per una costruzione condivisa. Questo spazio viene ad essere un luogo aperto al pensiero, concepito per creare momenti, percorsi progettuali, sostenere attività di carattere teorico-pratico, con interventi individuali o collettivi. Le attività sono selezionate al fine di mettere in discussione il concetto canonico di categoria in relazione alle pratiche artistiche contemporanee, lavorando affinché il singolo individuo abbia maggiore libertà d’espressione. In quest’ambito assume particolare rilievo la prassi performativa, per l’annessione esplicita al movimento e come osservazione riconducibile al tempo. Un’icona mobile di riferimento, inclusiva dei tempi che partecipano alla ritualità del gesto, sia esso singolo o corale. Un’attenzione ai tempi immaginati e in ultimo, a quelli manifesti che poi convergono in un disegno, quindi all’azione. Lo spazio è un nucleo in divenire, per una visione dell’arte ampia e volta al recupero delle relazioni interpersonali. Una dimensione indispensabile, così come l’analisi delle restrizioni che si hanno a partire da un dominio gerarchico del sapere. In quest’ambito, l’anomalia diventa precetto adeguato all’indebolimento di quelle coercizioni che lo realizzano. Disambigua è un disegno senza-forma, dalla duplice connotazione reale e virtuale. Una scomposizione che vuole porre l’accento sull’uso potenziale del mainstream, in termini di reazione, crescita e naviglio critico sensibile. La sede reale, è intesa come risorsa condivisa di autonomie, passaggi individuali e non, e come spazio per consolidare scambi internazionali. Attraverso studi sul campo, progetti, metodologie critiche, mostre o residenze d’artista, si intende lavorare tenendo in considerazione la componente umana, e un’idea di arte che consideri i limiti acquisiti delle mappe-debito della geopolitica attuale. Per lo sviluppo degli scambi è previsto un apporto di carattere socio-antropologico, così da permettere un approccio più maturo delle varie complessità sociali. All’interno dello spazio, vive un ulteriore piccolo ambiente dotato di autonomia. R.I.P. è il suo nome.