giuseppenicoletti
Giuseppe Nicoletti nasce nel 1948 a Treviso, dove vive e lavora.
Fin da giovanissimo rivolge i suoi interessi allo sport e all’arte. Con il maestro Renato Nesi studia prima il disegno
e successivamente la pittura ad olio, tecnica utilizzata fino alla fine degli anni Sessanta.
Nel 1969 è tra gli artisti scelti per la IX edizione della Biennale Triveneta d’arte giovanile di Cittadella e da allora ad
oggi ha partecipato ad oltre cento prestigiose collettive.
Nel 1970 conosce un imprenditore del settore “Belle Arti” che gli affida campioni di colori acrilici per la verifica
della qualità. Questo incarico gli spalanca un nuovo e moderno modo di sperimentare, sviluppare e approfondire
gli insegnamenti acquisiti. Giunge così, tra il 1970 e il ’75, a definire autonomamente una personale ricerca pittorica,
influenzata anche dagli eventi storici contemporanei e dall’attenta lettura di Herbert Marcuse, in particolare Eros
e civiltà e L’uomo a una dimensione. Nelle composizioni geometriche di questo periodo è presente una esigenza
modulare che mira a rendere riconoscibile la figura umana, spesso contratta e oppressa, racchiusa in spazi interni
ben definiti e protetti dall’incombere di ignoti spazi esterni.
Nel 1975, con tre grandi quadri dei primi anni Settanta, è presente alla X Quadriennale di Roma nella sezione La
nuova Generazione e l‘anno successivo allestisce la sua prima esposizione presso la galleria La Cave 2 di Treviso, presentato
dal critico Franco Batacchi; da allora sono numerose le mostre personali in gallerie private, spazi pubblici
e fiere d‘arte.
Tra il 1976 e il 1979 elabora un processo di analisi minimale che lo conduce allo schematismo iconografico. L’immagine
pubblicitaria evocata, codificata in emblema, è bloccata sulla tela-supporto per racchiudere le contraddizioni
esterne e rappresentare i condizionamenti del potere e del mercato.
Negli stessi anni è più volte presente nelle collettive annuali della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia.
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E’ del 1979 la prima installazione, Virgo-Virginis, realizzata nelle sale della Pinacoteca Martini di Oderzo, enfatizzazione
tridimensionale di quanto rappresentato simbolicamente sulla tela.
Inizia il sodalizio con il critico Enzo di Grazia che negli anni successivi invita Nicoletti alle importanti iniziative culturali
di cui è promotore sia in Italia che all’estero come: Liber/azioni, Attualità del Realismo, L’ora degli artisti, Evviva il
Rock’n Roll, Compagni di viaggio e molte altre.
In questo periodo sono frequenti gli scambi internazionali e le esposizioni di Mail Art (Metronom - Barcelona, World
Art Post - Budapest, The mythical image - Pavia, Salviamo Venezia? - Pordenone, Belyegkepek - Budapest).
Gli anni Ottanta sono cadenzati da precisi periodi pittorici in cui compare e si evolve un personale stile metafisico,
manifestato anche nelle nuove installazioni che intendono collocare nello spazio un elemento estrapolato da un
dipinto, con un allusivo gioco di rimandi.
Inizialmente, negli Interni, rappresenta degli spazi ambiguamente limitati in cui colloca i precedenti simboli e segnali
ricavati dal mondo consumistico, che ora però assumono una consistenza tridimensionale.
La frequentazione più assidua di gallerie e fiere lo porta a confrontarsi con il mondo dell’arte in cui non trova le
motivazioni per sviluppare un lavoro specifico, ma che lo stimola - con il ciclo Teatro dell’arte e con le Archeologie -
ad ironizzare metaforicamente su quella realtà effimera, attraverso gli stessi elementi (tela bianca, squadra, asta…)
che la contraddistinguono.
Le opere citate vengono esposte, nel 1984, nelle sale dell’ex Convento di San Luigi ad Asolo; nel chiostro e nella
chiesa vengono collocate invece tre installazioni. Questa retrospettiva intitolata Segnali 1974/1984, è presentata da
uno scritto di Enzo di Grazia in cui il critico individua e teorizza due aspetti della poetica di Nicoletti: la Metafisica
del silenzio e la Metafisica del naufrago.
In questa occasione conosce Marco Goldin che, interessatosi al suo lavoro, scrive:
…il silenzio delle opere di questo periodo vuol essere una significazione presente e concreta di una oggettiva difficoltà per
l’uomo di tessere comunicazioni autentiche, di sondare spazi liberi e autonomi…
individuando già il contenuto del futuro percorso dell‘artista.
Seguono I luoghi di Vathek, opere ispirate al testo Vathek di William Beckford e ironia conclusiva dei lavori precedenti,
con cui intende affermare che il mondo dell’arte, non innovandosi, ristagna in una confusione di stili che
asseconda il gusto del mercato.
La lettura Mondo estremo di Christoph Ransmayr apre a Nicoletti nuovi scenari: la descrizione di Tomi, esilio di
Publio Ovidio Nasone, lo induce a modificare gradualmente la prospettiva fin qui usata. Nelle serie intitolate per
l’appunto Tomi e Mondo estremo, il precedente punto di vista idilliaco o ingenuo, viene sostituito da un più maturo
ed evidente sotto in su prospettico.
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Nel 1990 la sua produzione viene esposta, con il titolo Grandi quadri 1980/1990, in due importanti retrospettive:
nelle sale di Ca’ dei Carraresi a Treviso, con un testo critico di Luigina Bortolato, e nei saloni del Palazzo dei Consoli
a Gubbio, dove lo presenta l’amico Batacchi.
Seguono nel ‘93 e nel ’94 rispettivamente le personali alla Torre Scaramuccia di San Vito al Tagliamento, nell’ambito
della rassegna Hicetnunc organizzata da Angelo Bertani, dove allestisce una serie di installazioni ispirate alle figure
retoriche, e Wanderung, alla galleria La Roggia di Pordenone, le cui opere vogliono rappresentare un ulteriore
passaggio del viaggio verso nuovi confini. Queste mostre segnano la conclusione del periodo metafisico di Tomi e
del Mondo estremo.
La discesa dal promontorio di Tomi diventa un momento fatale in quanto lo porta a bloccarsi di fronte all’invalicabile
parete della stessa altura, metafora dell’impossibilità di penetrare e modificare il sistema dell’arte. Ha così
inizio il ciclo di opere dominate dall’immagine del muro, che viene indagato per cercare tra le sue fessure dei varchi
ancora sconosciuti. A questo tema dedica nel 1995 cinque lavori esposti nell’ex chiesa di San Lorenzo a San Vito al
Tagliamento, nell’ambito della rassegna Hicetnunc.
Dal 1996 al 2003 rinuncia a qualsiasi invito espositivo, preferendo la quiete familiare per maturare nuove idee. Nel
2004, Enzo di Grazia lo coinvolge in un progetto di esposizioni personali e collettive in Italia, Slovenia e Spagna,
ravvivando in lui nuove motivazioni.
I primi anni Duemila sono caratterizzati da lunghi soggiorni estivi in Liguria, nelle vicinanze delle Cinque Terre,
presso una comunità cosmopolita. Questa esperienza gli permette di rivedere la spazialità delle sue opere ed il
loro contenuto, che da sociale diviene maggiormente estetico. In tale contesto matura l’idea di Geometrie rivelate
in cui l’artista vuole modificare in particolare il rapporto con il supporto, che da spazio passivo diventa attivo, e
utilizzando le tele sagomate, trasforma le forme subalterne del muro in soggetti-oggetti delle sue costruzioni.