DONATO ARCELLA A CINQUE EURO SU UNA BANCARELLA!
Spesso mi sveglio la mattina con dei messaggi dove mi si chiede il parere di questo o quell’artista, legato alle culture di ricerca d’avanguardia anni novanta. Stamattina mi sono ritrovato il messaggio di un amico, un artista, un curatore e un gallerista che stimo moltissimo, Massimo Pastore della storica galleria Primo Piano di Via Foria.
“Buongiorno Mimmo, ricercando su Internet ho visto che conosci Donato Arcella, mi sai dire qualcosa su di lui?”
Non sapendo di cosa si trattasse, gli do delle risposte private su Donato:
“Non lo sento dalla morte di Gennaro Cilento, e prima ancora non ci sentivamo più da tempo, i matrimoni d’entrambi, le residenze e il lavoro non a Napoli, insomma da più di una decina d’anni, facciamo le nostre vite, altre vite rispetto a quello che è stato un percorso di formazione comune. So per certo che è un grande Maestro della fotografia, che avrebbe meritato una cattedra Accademica, e che insegna in qualche parte dell’Emilia Romagna o nelle Marche, è stato uno dei tantissimi artisti che tra gli anni novanta e il 2011 hanno attraversato le tante sfaccettature del “Mario Pesce a Fore”, un bravissimo ragazzo, affidabile, ma con dei suoi tempi di lavoro insindacabili, unico padrone della tempistica di realizzazione dei suoi lavori e dei suoi progetti”.
Mi risponde così con un vocale:
“Ti spiego, sono a Napoli, stamattina sono sceso giù per bere un cappuccino, mi sono seduto al tavolino e c’era un vecchio signore di fronte, che trafficava in una bancarella, armeggiava con delle cose bianche che capisco essere delle fotografie, dietro c’erano delle scritte, i tipici riferimenti fotografici con anno e autore. A un certo punto apre queste due fotografie che erano sovrapposte e vedo le immagini, bevo il cappuccino e continuo a guardarle, m’avevano incuriosito, mi sono alzato e mi sono avvicinato al vecchietto, le controllo, leggo il nome e le compro. Ne compro due, erano quattro, le altre due erano rovinate, con il caldo e l’umidità conservate sovrapposte, quando ha cercato d’aprirle si sono strappate. Per cinque euro ho acquistato queste due foto di cui ti ho inviato i file”.
“Massimo queste sono una serie di fotografie, di still life che in stop motion dovevano divenire videoanimazione. Fotografie scattate nel Luglio del 2006, in questo set fotografico c’ero anche io, il progetto si chiamava “Flash Art Killer”, la narrazione era di me che venivo accerchiato da una serie di artisti della mia generazione che dovevano farmi fuori, questo doveva iconicamente raccontare il sistema dell’arte Napoletana di quegli anni (che ancora esiste e resiste). Oggi un lavoro del genere avrebbe meno senso, solo perché il sistema di comunicazione di genere si è frammentato ed espanso (in quegli anni era ancora polarizzato). Come queste foto siano arrivate sulle bancarelle di Via Foria non lo so, Donato mi risulta avere abbandonato la piazza culturale napoletana, viveva a Fano poi si è spostato nelle Marche a Urbino, adesso non so dove viva e lavori con la moglie e compagna Rosangela. Questo lavoro è un lavoro nato profondamente radicato nella cultura Napoletana, al punto da farmi trovare commovente questo giro linguistico dell’arte. Hai fatto un bell’acquisto, certo è una storia non scritta, o scritta parzialmente o scritta a metà, come è stata tutta l’avventura collettiva e connettiva del “Mario Pesce a Fore”, ma si tratta di frammenti di lavoro che raccontano un’altra Napoli e un’altra frontiera culturale possibile in quegli anni, anche se mai stata e definita. Donato Arcella è un’eccellenza dei fotografi d’arte contemporanea di quella piazza e di quel laboratorio che era la Napoli anni novanta-duemila. Girerò la tua scoperta d’avanguardia archeologica contemporanea a Donato. Intrigante ragionare su come quest’estetica fosse molto diffusa nel nostro immaginario di ricerca indy molto prima di Saviano e Gomorra, da qui il grande fascino che esercitano questi lavori a distanza di tempo. Donato è un genio estetico assoluto, un’intelligenza olistica, diffusa e trasversale, con tante e molteplici aree d’interesse, questo progetto “Flash Art Killer” non so come l’abbia gestito, cinque euro sono sicuramente un affare, il lavoro è raffinatissimo, lui ha lavorato a videoclip musicali per gruppi indy underground con massaggi a Mtv, un artista che conosce il suo linguaggio e non concettualizza d’istinto ma progetta lungamente ciò che concepisce. Il linguaggio è questa cosa, si mette in circolo e da solo trova le sue strade, si stratifica nel tempo e resta dove è messo in circolo a distanza di tempo, non solo gesti, accenti e comportamenti, ma anche la ricerca artistica, simbolica e visiva, vive autonomamente nei luoghi dove si determina”.
Massimo mi risponde:
“Grazie Mimmo, non conoscevo, ma percepivo tutto questo, sorseggiavo il cappuccino e osservavo, hanno catturato la mia attenzione, sentivo la storia importante che custodivano, infatti mi sono alzato attratto dalla contemporaneità di quegli scatti. Ho pensato a Saviano, Gomorra, quel mondo napoletano di cui oggi si fa uso e abuso, quando ho girato l’immagine mi ha sorpreso la datazione, ho cercato on line e trovato l’articolo su Cagliari Art Magazine, e a quel punto ho capito il valore di quelle foto per la scena artistica napoletana di quegli anni (il “Mario Pesce a Fore”, l’Accademia di Belle Arti, i Centri Sociali…), sono quindi tornato indietro e ho preso le due fotografie, non ho preso le due rovinate ma mi sono pentito, magari domani le ritrovo…”.