La maturità di Giaime Pintor
di dario Lodi
Per mio fratello. Carissimo, parto in questi giorni per un’impresa di esito incerto: raggiungere gruppi di rifugiati nei dintorni di Roma, portando loro armi e istruzioni. Ti lascio questa lettera per salutarti nel caso che non dovessi tornare e per spiegarti lo stato d’animo in cui affronto questa missione. …
La lettera appare ne Il sangue d’Europa, un raccolta di scritti politici e letterari (1939-1943) di Giaime Pintor a cura di Valentino Gerratana (gli fu amico; Gerratana è il grande critico che interpretò Gramsci alla perfezione). Porta la data del 28 novembre 1943 e fu spedita da Napoli al fratello Luigi (padre del giornalista Giaime morto a soli 47 anni nel 1997). Pochi giorni dopo, il primo dicembre, Pintor fu dilaniato da una mina tedesca nei pressi di Castelnuovo al Volturno. Aveva da poco compiuto 24 anni. Pintor si era laureato in giurisprudenza, ma si era innamorato presto della letteratura, specialmente di quella tedesca (tradurrà Goethe, Rilke e altri con Lionello Vincenti), collaborando sin dal 1938 con le maggiori pubblicazioni del tempo ( fra le quali “Oggi”, “La Ruota”, “Aretusa”, “Campo di Marte”, “Primato”, usando sovente lo pseudonimo di Ugo Stille che poi il grande amico Misha Kamenetzky adotterà nella sua fortunata carriera giornalistica). Entrò, Pintor, a far parte della “famiglia” Einaudi con Cesare Pavese, Massimo Mila e Leone Ginzburg.
Fece parte del GUF (Gioventù Universitaria Fascista), e partecipò a una missione del governo italiano nella Francia di Vichy (collaborazionista con il regime hitleriano). Tutto cambiò nel 1943 per la caduta del Fascismo il 25 luglio e il crollo dell’Italia l’8 settembre.
Nel volume citato, un lungo capitolo (L’ora del riscatto) è riservato alla trattazione lucida, spietata e amareggiata, della grave crisi italiana scatenata dalla irresolutezza dei comandi dopo la caduta di Mussolini. Pintor indugia sulle tergiversazioni del Maresciallo Badoglio, s’indigna per la relativa fuga a Brindisi appresso al re, denuncia la sua vergognosa decisione di lasciare Roma in mano ai tedeschi (due sole divisioni contro cinque italiane). Qui la prosa di Pintor si fa particolarmente serrata, incalzante, decisa, forgiata intorno a un principio di decenza morale che caratterizza una personalità ben più matura di quella tradizionale appartenente a un giovane.
Pintor ha una bella scrittura giornalistica fatta di cose in un mondo parolaio caratterizzato dallo “stile” aulico degli epigoni di D’Annunzio e dei servitori sciocchi del Fascismo, veri e propri avvoltoi sulle “fortune” imperiali d Mussolini (e dei suoi generali criminali in Africa).
Devoto all’Illuminismo, fedele alla razionalità e al decoro espressivo, Giaime Pintor portò avanti un discorso costruttivo sull’animo umano, immaginando certe realtà desolanti (Fascismo, Nazismo, Monarchia italiana) come strani episodi di cattivo gusto, come ubriacature dalle quali riprendersi al più presto per l’onore dell’uomo.