LOBODILATTICE

Marco Iannetti - Κέλευϑος

Inaugura

Sabato, 5 Aprile, 2025 - 18:00

Presso

Galleria Arianna Sartori
Via Ippolito Nievo 10, Mantova

A cura di

Arianna Sartori

Partecipa

Marco Iannetti

Fino a

Giovedì, 17 Aprile, 2025 - 19:30

Marco Iannetti - Κέλευϑος

Comunicato

La Galleria Arianna Sartori di Mantova, nella sala di via Ippolito Nievo 10, presenta la prima mostra personale dell’Artista Marco Iannetti intitolata “Κέλευϑος” (percorso).

La mostra si inaugura Sabato 5 aprile alle ore 18.00 alla presenza dell’Artista e con presentazione di Chiara Strozzieri, curatrice del catalogo e autrice del testo critico.

Dipinti di Marco Iannetti sono già stati presentati alla Galleria Arianna Sartori in occasione di due precedenti esposizioni: “Gabriella Capodiferro cum Discipulis” nel 2020 e “Pittura Stili Reinvenzioni” nel 2022.

La personale, curata da Arianna Sartori, rimane aperta al pubblico fino al 17 aprile 2025, con orario dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30, Domenica chiuso.

Per informazioni: tel. 0376.324260, info@ariannasartori.eu

 

Κέλευϑος

“Dopo quasi venti anni di ricerca ininterrotta, Marco Iannetti porta per la prima volta davanti al pubblico una mostra personale che ricapitola l’ultima fase della sua indagine pittorica. Una scelta significativa la sua, che denota la consapevolezza acquisita durante il percorso di apportare ormai la propria firma artistica in qualsiasi lavoro e la certezza di poter mettere una distanza tra sé e i suoi esordi. Mai accademico, neanche nelle prime opere, oggi l’artista si riconosce in una mano più esperta e meno contenuta dalla disciplina. Quel contenimento del resto, gli è servito ad acquisire una grande padronanza della materia e ad affinare la sua passione preesistente per lo studio della storia dell’arte. I suoi riferimenti sono i più svariati: entrando nel suo studio ci si imbatte in antiche statue africane, mentre nella biblioteca personale spiccano i cataloghi d’arte di mostre tra le più importanti degli ultimi tempi, come quella su Matisse e l’Arabesque presso le Scuderie del Quirinale. Anche nella sua ultima produzione qua e là si intravedono delle citazioni colte: alcune soluzioni sono vicine agli Ukiyo-e di Hokusai e Hiroshige, mentre la matrice vera della sua ricerca è la pittura di Van Gogh. Del resto lui stesso si definisce un espressionista, riconoscendo che quella fase pittorica è stata superata, in quanto legata a un periodo storico ben preciso, ma trovando delle affinità nella crisi esistenziale dell’uomo del nostro tempo. Eppure le stanze e i paesaggi di Van Gogh a un certo punto venivano distorte, perché erano state talmente tanto interiorizzate da diventare parte della coscienza stessa del pittore. Iannetti invece non distorce nulla, lui è radicato alla terra e attaccato alla realtà delle cose in maniera viscerale. Quello che lo rende di tendenza espressionista è proprio l’esperienza del sé che si concretizza nella realizzazione dell’opera d’arte. C’è molto di spirituale in questa pratica quotidiana (l’artista vanta un lavoro assiduo che gli permette di essere sempre focalizzato sulla sua ricerca), perché è proprio lo spirito che lo guida nella scelta di scorci paesaggistici e dettagli naturalisitici da riportare nel quadro, e poi lo spinge a donare un po’ di sé a questi elementi nel mentre li imprime sulla tela. Dunque è possibile tracciare un percorso fatto di frammenti di spirito mescolati a colori e forme. Ecco allora venire fuori con grande naturalezza il titolo della mostra: Κέλευϑος (Keleuthos), appunto “percorso”, e guai a cercare un filo conduttore tra opere molto sperimentali e diverse, sebbene chiaramente appartenenti alla stessa mano. Non si tratta di un percorso espositivo, inteso come una presentazione esauriente della linea di ricerca condotta dall’artista, ma di un percorso animico che guida l’occhio dello spettatore alla scoperta del mondo reale.

Sì, perché è talmente concreta l’arte di Marco Iannetti, che il mondo vero, non abbiamo dubbi, è quello che si trova sulla tela. È un po’ come quelle filosofie del sogno che mettono in dubbio il fatto che esista una vita reale e poi un sogno, perché potrebbe darsi che sia la realtà sognata quella più autentica, mentre noi ci ritroviamo a vivere l’ombra della vera esistenza. Allo stesso modo, guardando i quadri di Iannetti tanto a fondo e per tanto tempo da sentirsene storditi (esperienza che consiglio per entrare davvero nel merito della sua ricerca), si ha la percezione di riuscire finalmente a captare la verità delle cose. Sono talmente concreti quei monti, i vulcani, le pinete, i cieli e i corsi d’acqua, che la mente li concretizza davanti a sé e pare quasi toccarli. Nonostante il suo sia appunto un modo espressionista di utilizzare il colore, tingendo figure e forme con i colori dell’anima e trasformando magari un prato verde di rosso solo perché l’intensità che brucia dentro l’artista nel momento in cui lo dipinge deve accendere tutto, ogni cosa che noi vediamo è reale. Non facciamo alcuno sforzo a immedesimarci nell’intenzione dell’autore per capire le sue scelte stilistiche, viene anzi naturale accettare i suoi paesaggi per quello che sono.

Laddove percepiamo dei massi o degli eterei soffioni non più come elementi naturali, ma come vere e proprie presenze, scatta un ragionamento filosofico profondo che di fatto fa dell’osservazione di un singolo quadro, così come della visita a un’intera mostra, un’esperienza. L’etimologia latina da cui viene il termine esperienza, ovvero ‘experiri’, descrive un tentare ragionato che in questo caso riguarda la consapevolezza del mondo. Io mi immergo nell’arte di Marco Iannetti e tento consapevolmente di percepire la natura delle cose, prima di tutto nella loro concretezza (e qui l’abilità magistrale dell’artista di utilizzare i suoi strumenti rende tutto molto semplice), e poi anche nella loro essenza. L’essenza della natura è presenza forte, costante e certa, ed è chiaro che ha guidato il nostro artista per anni nella sua ricerca, bastando da sola alla sua mente e compensando la totale assenza dell’uomo.

Se smettiamo di parlare di essenza e invece parliamo di sostanza della realtà, ecco affacciarsi una concezione aristotelica della sostanza sensibile, di cui materia e forma costituiscono i principi intrinseci. Aristotele propone un’ontologia alternativa a quella di Platone affermando che il livello della vera realtà non è dato da idee o forme separate ma da sostanze capaci di sussistere individualmente in modo determinato. La realtà insomma è un composto di materia e forma, e nella Metafisica aristotelica prende il nome di “sinolo”.

Iannetti dal canto suo supera il dualismo tra realismo e idealismo: può concordare col pensiero aristotelico secondo cui a partire dall’osservazione e dallo studio della natura l’intera realtà può essere compresa nella sua razionalità, ma di contro si avvicina alla simbologia del Mito della Caverna di Platone. L’artista ha introiettato talmente tanto la realtà, osservandola e riproducendola in centinaia di schizzi prima ancora che sulla tela, che ora gli basta un aggancio simbolico per conoscerla. Egli non è lo schiavo incatenato che guarda nella caverna le ombre delle statuette e si ferma all’immagine superficiale delle cose, ma è piuttosto l’uomo liberato che arriva alle idee, afferra la sostanza vera del mondo. Il semplice richiamo umbratile della realtà, se è così che vogliamo interpretare la raffigurazione artistica, in Marco Iannetti si fa verità. Non si tratta più di natura pensata e immaginata, ma di realtà concreta, e questa concretezza si realizza attraverso due elementi fondamentali: l’aspetto sensibile dell’opera e il movimento.

La caratteristica tattile di quadri su cui la pittura materica rende viva la rappresentazione ci porta direttamente a una riflessione sulla tecnica utilizzata dall’artista.

Innanzitutto la preparazione della tela grezza, non più secondo gli antichi dettami del Cennini, ma in accordo con sperimentazioni moderne che utilizzano il gesso acrilico in previsione di una forte stratificazione. Quello che Iannetti stesso definisce come fondo-opera è decisivo per il risultato finale in quanto ha già in sé tutte le potenzialità di una materia che accoglie il colore e può donargli svariati effetti. Tra il fondo e gli strati successivi avviene un abbraccio che si scioglie in un gioco di bilanciamenti delicatissimo. È indispensabile evitare uno strato preparatorio troppo presente: se l’artista concepisce un’opera materica, sarà la sovrapposizione dei pigmenti a dare questo effetto, e mai la base del dipinto. Nel fondo c’è in nuce l’opera finale e, sebbene niente è deciso a priori, non c’è un solo elemento lasciato al caso. È tutta tecnica, fatta della gestione di inchiostri altamente pigmentati con emulsioni viniliche e acrilici dati con grande velocità, non solo perché a richiederlo è la resa del quadro, ma anche perché la memoria del corpo del pittore agisce al meglio e con sicurezza. Per comprendere la confidenza che Marco Iannetti ha con lo strumento, basti pensare che gli inchiostri da lui prediletti sono gli stessi utilizzati per la concia delle pelli e che certi marcatori solidi sono presi in prestito dall’industria dove normalmente vengono usati per il controllo di impianti sottoposti a forti sbalzi termici. Con questi stessi marcatori, stravolgendo la loro proprietà, l’artista alleggerisce certi passaggi rendendoli particolarmente corporei nell’aspetto tattile e abolendo completamente la concezione tradizionale del quadro come rappresentazione bidimensionale.

A tutto questo si sovrappone l’uso dei pennarelli, che rimandano al primissimo approccio con l’arte, intorno ai tredici anni, come writer e graffitista, e qui vengono impugnati con sicurezza per la realizzazione di una serie di scarabocchi. In ogni caso la scelta dello strumento non è mai fine a sé stessa, ma piuttosto motivata da un obiettivo stilistico che puntualmente l’artista riesce a centrare. È stata proprio la frequentazione del mondo della street art, in cui ogni scelta deve essere rapida e definitiva, a dargli coscienza dell’importanza di agire con intenzione, visualizzando fin dall’inizio la resa della tecnica. Dagli interventi pittorici sul tessuto urbano, anche con murales di grandi dimensioni, Iannetti è passato a effetti materici a volte burrosi, altri ancora graffianti, ma comunque sempre espressivi di una creatività fresca, che lo rende molto contemporaneo.

Arriviamo così al secondo carattere, oltre la matericità, che restituisce concretezza alla sua pittura: il dinamismo. Lo ritroviamo nelle linee improvvisamente smagrite, negli scorci prospettici arditi, negli impulsi gestuali intuibili dai segni con cui indaga il movimento intrinseco della natura. E, se guardiamo agli ultimi lavori, troviamo fasce dinamiche di colore che in tutto e per tutto sono linee controvertite che risolvono in maniera sorprendente la composizione. L’andamento del gesto infatti, parte chiaramente da destra verso sinistra, andando contro la naturale direzione dello sguardo. Questo perché l’artista vuole e deve essere scomodo nella sua ricerca per poter davvero sperimentare e portare la tecnica a un livello sempre superiore.

Non è solo la linea ad essere dinamica, ma tutta la materia trattata nell’opera: è qui che il movimento che si sprigiona dall’intervento materico non dipende da causa remota o esterna, bensì risulta congenito alla materia. Ciò significa che Iannetti, pur ammettendo il principio aristotelico ‘Quidquid movetur ab alio movetur’ (Tutto ciò che si muove viene mosso da altro), non fa riferimento a un essere supremo esterno alla realtà, ma a una forza insita in essa stessa. Nonostante l’attitudine spirituale del suo lavoro, egli non parla di Dio se non nella sua manifestazione nella bellezza del mondo. Ecco allora che quello nel quadro non è semplicemente un paesaggio, ma è un clima, inteso come una condizione dell’essere nell’ambiente, in relazione ai sentimenti che la natura può suscitare. Lo spettatore vive il clima dell’opera e ne fa esperienza, facendo ritorno a sé stesso almeno in parte cambiato. Se questo avviene, l’artista può definirsi tale, e possiamo affermare che Marco Iannetti abbia raggiunto appieno questa identità. Lo dimostra con questa prima personale, un trampolino di lancio verso l’immediato futuro, in cui ci aspettiamo proponga un nucleo di opere altrettanto importanti, eseguite ancora in assoluto stato di grazia. Non si tratta di un auspicio ma della certezza che un nuovo nome è entrato a buon diritto nel panorama della ricerca contemporanea italiana”.

Chiara Strozzieri

 

“Ci sono momenti nella vita di ognuno, in cui bisogna avere il coraggio di fermarsi anche solo un istante, per potersi guardare con senso critico.

Il fine è quello di prendere maggiore consapevolezza del proprio presente e di capire come, sul proprio passato, abbiano potuto influire determinate circostanze apparentemente dettate dal caso, ma nel tempo poi dimostratesi far parte di un disegno più grande.

Il proprio percorso (κέλευθος) quindi, acquista un valore totalizzante, diventando conferma e al tempo stesso rivelazione, tanto maggiore quanto risulti essere più ricco e strutturato, superando per importanza qualsiasi obbiettivo raggiunto. È conferma, perché ribadisce un'intima vocazione nutrita nel tempo, con pazienza e pratica. È rivelazione, perché solo attraverso la sua percorrenza, scopriamo sinceramente chi siamo.

Proprio per questo, avendo vissuto tante esperienze importanti che mi hanno formato nei molti anni, posso affermare con assoluta certezza, che la vera crescita è scaturita dal fondamentale incontro sul mio cammino, con Gabriella Capodiferro e dalla militanza, sia nella sua scuola d'arte per oltre un decennio, che nell'associazione M.G.C (Movimento del guardare creativo) da lei fondata di cui sono orgogliosamente tutt'ora membro.

Una palestra magnifica dove, con il metodo e la passione amorevole posseduta da solo chi è veramente grande, mi è stato insegnato ad essere allievo, pittore, uomo, a scoprire felicemente la mia creatività mediante lo studio ed il lavoro serio e costante, a ricevere attraverso me stesso in modo autentico, la ricchezza interiore che ognuno di noi diversamente possiede.

Altro avvenimento cruciale l'incontro con Arianna Sartori, gallerista illuminata, che insieme alla sua splendida famiglia, mi ha accolto e introdotto con altissima competenza nel mondo del mercato d'arte professionale responsabilizzandomi a tale opportunità, dando merito e riconoscimento a tutto il lavoro pregresso che mi accompagna da oltre vent'anni.

In fine, un ruolo incredibilmente prezioso per la mia crescita artistica e personale lo hanno avuto le tante persone incontrate lungo il cammino con le quali mi sono confrontato, dal critico Chiara Strozieri, figura autorevole ed assolutamente essenziale, diventata strumento imparziale di valutazione oggettiva e di crescita personale, al compagno di corso, all'estimatore, condividendo punti di vista, esperienze, formazione, vita, gioie e difficoltà nell'arco di molti anni indimenticabili. Oramai divenuti mia famiglia d'arte, a Voi, con gioia e sincero affetto dico grazie, perché siete tutti parte inscindibile della mia storia.

Marco Iannetti

 

Marco Iannetti

Nato a Pescara nel 1984. Nemmeno adolescente, inizia il suo percorso artistico avvicinandosi all’aerosol art, la quale diverrà il suo primissimo strumento d’espressione. Gradualmente, negli anni a seguire, l’interesse sarà indirizzato verso la pittura su tela. La successiva fase formativa risente pesantemente di due incontri fondamentali, il primo con l’espressionista Pescarese Antonio Matarazzo, docente di pittura, che lo stimola a verificarsi in uno studio più attento dell’arte. Successivamente, nel 2009, spinto dalla necessità di raggiungere un linguaggio più maturo ed autenticamente suo, incontra il maestro Gabriella Capodiferro. Lei lo porterà alla scoperta delle proprie potenzialità creative tramite la conoscenza del linguaggio visivo, della teoria del colore e dell’immagine. Frequenta lo studio MGC di Chieti con l’interesse rivolto sia alla composizione che alla sperimentazione di tecniche e materiali (tra cui anche le resine epossidiche) ed anche agli esiti percettivi dell’immagine. Diventa socio del Movimento del Guardare Creativo, partecipando attivamente nel corso degli anni, agli eventi ed alle iniziative culturali, presentandosi sempre con opere in cui emerge sicuro il suo stile.

È citato nel “Catalogo Sartori di Arte Moderna e Contemporanea” del 2021 nell’ambito del Movimento del Guardare Creativo e nel “Catalogo Sartori di Arte Moderna e Contemporanea” del 2022 come autore.

È stato inserito nell’“Atlante degli Artisti Italiani 2021” edito dalla DeAgostini Arte ed è nuovamente presente nell’“Atlante degli Artisti Italiani 2024”.

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